A due passi dalla Trionfale si estende la tenuta agricola di Borghetto San Carlo. Un angolo di campagna a Roma Nord, Borghetto San Carlo racchiude dei casali circondati da terreni agricoli pubblici che il Comune di Roma ha affidato in gestione alla Cooperativa Coraggio. Giacomo Lepri, attivista nel movimento per le terre pubbliche incolte ai giovani agricoltori, ci racconta in questa intervista lo sviluppo del movimento che ha portato alla nascita della Cooperativa Coraggio.
“Con l’agricoltura solamente si va in perdita, dobbiamo affiancare altre attività connesse all’agricoltura almeno per il 40% del nostro introito.”
Ascolta l’intervista con Giacomo Lepri!
Come è iniziata la campagna per le terre pubbliche incolte ai giovani agricoltori?
Tutto iniziò nel 2011 quando ci furono una serie di incontri ospitati da una Cooperativa agricola storica di Roma Nord, una cooperativa figlia di occupazioni di fine anni settanta per questioni di reddito, lavoro, e ricerca di opportunità. Questi incontri vedevano coinvolti urbanisti a vario titolo, attivisti e ecologisti, che parlavano di come incentivare l’agricoltura e le politiche agricole in città. Iniziò così a formarsi quello che poi è stato chiamato il Coordinamento Romano per l’Accesso alla Terra, un gruppo di pressione per facilitare lo sviluppo di questi temi e per proporre quella che fu chiamata la Vertenza per la Salvaguardia dell’Agro Romano. La Vertenza fondamentalmente proponeva di affidare le terre pubbliche a giovani agricoltori per livellare squilibri sociali e redistribuire una risorsa pubblica abbandonata. Inoltre, nel 2012, quando uscì un Decreto Legge che proponeva la vendita dei beni pubblici tra cui anche le terre pubbliche, evitare la svendita di questi terreni divenne ancora più importante. I fili conduttori della Vertenza che fu proposta a più riprese nel corso degli anni erano la ricerca di reddito, ricerca di spazi per migliorare la qualità della vita urbana in contesti anche periferici, e riqualificazione di risorse pubbliche. In questi anni abbiamo lottato per questi principi attraverso diversi canali, linguaggi e strumenti. Per esempio, abbiamo organizzato manifestazioni classiche, sit-in, occupazioni simboliche, lettere, richieste, incontri e tanto altro. Il nostro movimento ha sempre avuto un bacino di utenza molto largo perché non coinvolge solamente gli addetti ai lavori. La Vertenza infatti proponeva l’idea di creare parchi agricoli che fossero fruibili anche dai cittadini oltre che produttivi al livello agricolo. Negli anni l’associazionismo cittadino ha dunque partecipato attivamente al nostro progetto. E’ infine grazie alla nostra continua comunicazione con l’amministrazione che siamo riusciti ad ottenere dei bandi per l’affidamento di queste aree, che sono arrivati con la giunta Marino.
Cos’è successo con la giunta Marino?
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La giunta Marino ha risposto positivamente e velocemente. I bandi sono stati scritti alla fine del 2014 per un centinaio di ettari su quattro aree. In teoria quelli dovevano essere i primi bandi di una lunga serie ma la caduta della giunta ha cristallizzato ancora una volta la situazione. Ora cercheremo ovviamente di fare pressione per riprendere il discorso perché queste quattro aree si limitano ad essere una sperimentazione. Nel frattempo anche la Regione Lazio, con cui ci siamo confrontati, ha scritto un bando su sette aree per circa 300 ettari. Anche questo bando però risulta incompleto. Il nostro problema è che essendo primi affidatari, stiamo chiaramente risentendo di tutte le problematiche che si incontrano in dei progetti pioneristici. L’amministrazione stessa è incapace di aiutarci perché lei stessa ha intrapreso una attività pioneristica. Non sanno come gestire questa novità e ci hanno lasciato sprovvisti di tutta una serie di strumenti indispensabili per svolgere un’attività economica. Inoltre, a causa della caduta della giunta, il sostegno del comune è stato inevitabilmente limitato ai bandi. Non si è riusciti a mettere a disposizione delle coperture finanziarie per la specificità dei nostri progetti, essendo start up di giovani al primo insediamento. Si tratta di bandi fatti per creare un mercato alternativo al mercato di consumo classico per cui il Comune avrebbe dovuto facilitare il nostro sviluppo creando dei canali differenti, anche a sostegno del credito, volti ad avvantaggiare chi acquisisce questo tipo di risorse perché di base svantaggiato. Su questo il comune ha riscontrato numerosi problemi, non avendo ultimato processi grazie ai quali quanto meno ottenere prestiti a tasso agevolato, essendo le migliorie apportate dalle future conduzioni tutte a vantaggio di beni dell’amministrazione stessa. Evidentemente quando si tratta di aiutare piccole cooperative di giovani molto spesso non si riesce a concludere nulla, a differenza dei grandi vantaggi che i costruttori continuano ad avere in questa città, dove possono permettersi di non rispettare gli accordi presi con i cittadini.
Per quanto riguarda i bandi, quali sono state le caratteristiche richieste dal comune?
Il bando prevedeva una premialità per i giovani al primo insediamento. Erano premiate alcune caratteristiche legate alla multifunzionalità, quindi la capacità di offrire un servizio che andasse aldilà dell’agricoltura. Poi il punteggio era principalmente legato al piano di sviluppo aziendale: se era stabile, scritto bene, corretto dal punto di vista agronomico. Poi c’erano tutta una serie di criteri tra cui essere giovani agricoltori e il biologico. E’ stato un processo negoziato perché abbiamo coinvolto il Comune anche nella volontà di fare uscire questi bandi. Il Comune ha fatto degli incontri con noi e le altre sigle di settore per cercare di capire che cosa proponevamo. Noi per esempio avevamo chiesto anche altre cose, ad esempio una premialità sulle quote di genere, che poi non è stata inserita. Quindi c’è stata una contrattazione che poi ha portato a dei bandi che secondo me, almeno sulla carta, avvantaggiavano davvero chi partiva da condizioni svantaggiose.
C’è stato uno sgombero qui a Borghetto San Carlo?
L’unico sgombero che è avvenuto è stato quello del pastore che occupava l’area illegalmente. E’ stato fatto prima dell’affidamento. Noi avevamo vinto il bando a Novembre, prima di firmare il contratto a Maggio è avvenuta la pratica di sgombero. Le pecore e i greggi sono un mezzo diffuso per occupare delle terre e lo fanno anche i costruttori stessi, tanto è vero che questo pastore era qui con la connivenza del costruttore ex proprietario dell’area. Era un personaggio “sui generis” con armi non dichiarate per esempio, e cani liberi e poco curati che non facevano entrare gente di quartiere.
Qual’è la situazione del Casale?
Il casale è preso in ostaggio dal costruttore ex proprietario. Tutta l’area compreso il casale è stata ceduta dal costruttore Mezzaroma al Comune in cambio della possibilità di ottenere delle cubature altrove. Questo terreno infatti ha perso le cubature perché ha cambiato destinazione d’uso ed è diventato Parco di Veio. Invece di perdere le sue cubature, grazie al principio delle compensazioni edilizie il costruttore ha avuto il diritto di recuperare le cubature “perse”. Mezzaroma ha quindi costruito Parco Talenti. Nel contratto però c’era anche il vincolo per cui Mezzaroma doveva ristrutturare il casale a spese sue per due milioni di euro entro il 2013. Nonostante abbia ricevuto una proroga fino a Marzo 2016, il casale rimane sempre in condizioni disastrose. Il casale non è accessibile fino a che non viene ristrutturato e questo comporta enormi difficoltà, anche perché da bando due terzi del casale spetta a noi in affitto come cooperativa e un terzo al Municipio. Il nostro progetto è costruito sulla esistenza e possibilità di utilizzo del casale; immaginate cosa significa fare agricoltura senza neanche avere un locale dove lasciare gli attrezzi.
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Nel progetto il casale come verrebbe utilizzato?
Sono 1400 metri quadrati. Verrà utilizzato per la recezione, aree ristoro, mensa per gli abitanti del quartiere e per i lavoratori, aule per la formazione, la didattica e laboratori, aule per l’associazionismo locale e infine per la trasformazione alimentare.
Come funziona la produzione agricola?
Qui abbiamo 22 ettari di terreni, di cui circa 13 utilizzabili per agricoltura. Stiamo bonificando l’area perché si tratta di terreni abbandonati da 50 anni, duri, inerbiti, ricchi e con tutta una serie di dislivelli e rovi. E’ un terreno molto difficile che stiamo sistemando giorno dopo giorno. Adesso abbiamo seminato sorgo e miglio. C’è anche un orto che è andato avanti durante l’inverno senza acqua, dove abbiamo piantato fave, cipolle, aglio, piselli e bieta rossa. Ora abbiamo piantato le uniche cose che in estate procedono senza acqua, ovvero patate e una sperimentazione con i meloni. Abbiamo le arnie per i miele. L’acqua ancora non c’è perché il terreno ci è stato dato abbandonato, con delle piccole discariche e senza pozzo, che è un investimento non da poco. Siamo arrivati a 120 metri di profondità con i sondaggi che abbiamo finito due settimane fa e non abbiamo trovato neanche un goccio d’acqua. Questo è un problema perché il pozzo è una cosa che costa tantissimo e ci è già costato molto. Ora dobbiamo decidere se provare a scavare ancora più giù, iniziare lo scavo da un’altra parte o bonificare il pozzo del vicino. Senza acqua è molto complicato. Per l’acqua potabile e le altre utenze fino a che non viene sistemato il casale non ci allacciano nulla. Non ci è stato dato il posto chiavi in mano. Nonostante tutto ciò noi già paghiamo l’affitto. Ci sono tutta una serie di contraddizioni che secondo me nei prossimi bandi devono essere risolte. Va bene dare un posto da bonificare, ma almeno non far pagare l’affitto per i primi 5 anni. Non avendo la proprietà dei terreni quindi inoltre tutto il lavoro che facciamo poi rimane di fatto al Comune di Roma.
Dal punto di vista economico come funziona la vostra cooperativa? Da dove provengono gli investimenti?
Abbiamo accumulato un piccolo fondo attraverso tutte le attività che abbiamo fatto in questi anni, come il giardinaggio, il catering, e la formazione. Però il fondo è quasi esaurito. Spendiamo molto: dal trattore al gasolio, buoni pasto per chi lavora. Adesso stiamo pensando a un prestito bancario. Per quanto stiamo cercando formule per un tasso zero, si tratterà sempre di un prestito bancario che ci legherà per i prossimi anni. E’ una grossa responsabilità perché questo prestito di 130.000 euro si affianca sempre all’incertezza della ristrutturazione dei casali che sono fondamentali perché il nostro progetto abbia successo. Con l’agricoltura solamente si va in perdita. Se non riusciamo ad affiancare altre attività connesse all’agricoltura almeno per il 40% del nostro introito sicuramente non riusciremo a raggiungere l’obiettivo di 30 stipendi. Al momento non riusciamo a stipendiarci e stiamo lavorando con forme di volontariato per chi può, altri mantengono i propri part-time all’esterno della cooperativa.
Come utilizzate i prodotti che raccogliete?
I prodotti dell’orto invernale li abbiamo venduti direttamente. Abbiamo un buon comparto di comunicazione quindi riusciamo a vendere subito tutto. Ora faremo la marmellata di more, lupini in salamoia e hummus, aspettiamo i meloni, le patate, e abbiamo miele. Lo scopo è portare le persone all’interno del parco. Lo scopo non è solamente la produzione agricola. Per ora vengono le prime persone del quartiere ma vogliamo che un domani questo luogo diventi un centro dove svolgere tutta una serie di attività all’aria aperta in un contesto che parallelamente produce. Su 22 ettari complessivi, circa 13 sono utilizzabili per la produzione, quindi frutteti, produzione di cereali, e orto. Una volta che il casale sarà fruibile i prodotti verranno anche in parte destinati alla trasformazione agroalimentare.
Quali saranno le attività aperte ai cittadini?
Stiamo organizzando gli orti urbani, che saranno affidati ai cittadini del quartiere con un grande progetto partecipato già in corso. Abbiamo chiuso la raccolta delle richieste dopo eventi pubblici per presentare l’iniziativa realizzata con l’associazione Terra!Onlus per un progetto costruito in base alle volontà degli affidatari su 1800 metri quadrati. Un domani ci sarà un percorso ciclabile all’interno del parco, l’area pic-nic che dovremmo riuscire a costruire in autunno per inaugurarla nella primavera dell’anno prossimo, e fattorie didattiche. Per tutto ciò che è collegato alla didattica e ai laboratori bisogna aspettare il casale. Nel frattempo abbiamo proposto piccole attività come un laboratorio in cui si insegna come costruire un forno in terra cruda, la festa di inaugurazione con concerto, musica e rinfresco, una festa per il percorso degli orti urbani, dei seminari che abbiamo ospitato tramite l’università su temi legati all’agroalimentare piuttosto che all’ambiente, e abbiamo negli anni organizzato seminari per avvicinare i giovani alle attività agricole.
Quali sono le prospettive per il futuro?
La prospettiva numero uno è la possibilità di sviluppare il progetto sulla base delle potenzialità che ha e per questo c’è bisogno di una disponibilità delle amministrazioni a lavorare sulle infrastrutture di cui abbiamo bisogno. Ripeto, noi non abbiamo ricevuto nessun aiuto o sovvenzione pubblica per l’agricoltura. Ci auguriamo di poter realizzare il progetto nella misura in cui gli attori che sono coinvolti, dagli enti locali come il parco di Veio in su, lavorino in sinergia perché il nostro non è un progetto privato e deve coinvolgere tutti. Senza i dovuti sostegno e collaborazione questo progetto rallenta. Ma la cooperativa si chiama Coraggio, per cui ce la metteremo tutta.
Intervista a Giacomo Lepri di Cosima Malandrino e Eleonora Rugiero del 11 Luglio 2016.