# 2: Sistemi di produzione e distribuzione alimentare
Nel secondo episodio di ‘Cooperative City in Quarantine’ (27.3.20) abbiamo ospitato esperti di diverse città europee sul tema dei sistemi di produzione e distribuzione alimentare. Hanno condiviso con noi le loro prospettive sulla questione alimentare, sulle sfide da affrontare in questo periodo di COVID-19 e sulle iniziative in corso e da intraprendere. Sono intervenuti: Marcelline Bonneau di Bruxelles, direttrice di Resilia Solutions ed esperta di vari progetti europei e locali relativi ai sistemi alimentari; Igor Kos di Maribor (Slovenia) del WCycle Institute, che sta lavorando sul progetto di economia circolare Urban Soil 4 Food UIA; e Francesco Paniè di Roma, dell’associazione Terra! Onlus che si occupa di trasparenza all’interno del nostro sistema alimentare.
Quali sono le principali sfide di oggi sul tema dell’alimentazione?
Marcelline: Abbiamo avuto dieci giorni di un blocco totale e una corsa ai supermercati per l’acquisto di beni di prima necessità. Attualmente l’intero sistema alimentare è in difficoltà a seguito della crisi e per la necessità di contenimento del COVID-19. I nostri modelli alimentari e di consumo sono stati modificati, ad esempio un numero crescente di persone acquista in negozi locali o da filiere corte (che si sono raddoppiate o triplicate nella maggior parte dei casi). La gente cucina (in modo sano) a casa. Ma questo non rischia di aumentare il carico mentale per le donne? Hanno davvero tempo per farlo, considerando che nella maggior parte dei casi hanno anche la responsabilità della casa e dell’educazione dei bambini (oltre a lavorare da casa)? Sarà davvero possibile consolidare nuove abitudini di lungo periodo rispetto al modo di cucinare e nutrirsi? Intanto, la FAO sottolinea i rischi di un aumento della fame e della malnutrizione fra i gruppi vulnerabili. E’ quel che è accaduto, ad esempio, a seguito della corsa al cibo nei supermercati, che ha riguardato principalmente gli alimenti economici, rendendoli indisponibili per coloro che ne hanno bisogno. La concorrenza fra gli enti di beneficenza per accedere alle eccedenze alimentari è agguerrita. Non si può più usufruire dei pranzi scontati nelle mense pubbliche. Il sistema degli aiuti alimentari ha dovuto riadattare le sue pratiche. Chi è a maggiormente a rischio e isolato non può più uscire e fare acquisti.
Igor: In Slovenia non siamo in una situazione di blocco totale come in Italia o in Belgio, siamo ancora autorizzati a uscire, ma vengono incoraggiate misure di autoisolamento. Al momento non ci troviamo ad affrontare problemi di carenza di alimenti, c’è abbastanza cibo nei negozi ma la scorsa settimana si è avuta una corsa frenetica ai supermercati per acquistare cibo. Qui il governo ha consigliato di uscire in orari specifici per fare la spesa, soprattutto per le persone anziane,1 così da garantire che non si vada tutti insieme.
Francesco ha sottolineato come in Italia sulla produzione di cibo ci siano attualmente delle grandi sfide, perché la maggior parte del sistema alimentare di produzione è fondato sulla manodopera di lavoratori migranti. A seguito dell’emergenza COVID-19 oggi queste persone, anche a causa della nuova legge sull’immigrazione, hanno smesso di lavorare nei campi. Ciò potrebbe significare che quest’anno non ci saranno lavoratori a sufficienza per raccogliere e piantare il nostro cibo. Persone che, fra l’altro, lavorano in condizioni terribili, spesso illegalmente e in contesti di vita insalubri, poiché vivono in baraccopoli senza acqua, correndo gravi rischi per la propria salute.
Qual è realmente la situazione?
Marcelline: Nel settore del commercio al dettaglio gli intermediari devono ancora regolarsi rispetto alle quantità richieste dei negozi. I negozi hanno adattato il loro modo di lavorare alle nuove norme, sanitarie e di distanziamento sociale. Nella maggior parte dei paesi il settore alimentare è essenziale, ma i venditori non hanno accesso al sostegno finanziario di disoccupazione: devono (a volte) scontrarsi con clienti aggressivi e (a volte) affrontare la propria paura di venire contaminati. Tuttavia, i negozi ottengono ricavi superiori alle aspettative, così i supermercati in Spagna hanno aumentato gli stipendi del 20%. I ristoranti sono chiusi. Le piattaforme urbane o private di distribuzione di cibo li mettono in contatto con i consumatori per la consegna a domicilio o il ritiro, una modalità analoga a quella delle mense e di alcuni mercati. Con l’eccezione di alcuni mercati, in Spagna e in Francia, rispetto all’apertura.
Igor: Qui in Slovenia tti i negozi ritenuti non necessari sono stati chiusi, ma gli alimentari sono ancora aperti, anche se con orari di apertura ridotti. Attualmente è stato limitato il numero di persone che entrano in negozio e un vigilante si assicura che le persone non si ammassino all’ingresso, in particolar modo al bancone. I mercati degli agricoltori sono aperti, anche se non tutti i banchi e non per tutto il tempo. Proprio ieri hanno annunciato che anche nella provincia di Maribor il mercato degli agricoltori rimarrà aperto regolarmente. Ciò significa che i produttori possono vendere i loro prodotti e i consumatori acquistare – conformemente alle misure di distanziamento sociale, ma c’è maggiore flessibilità perché il mercato è all’aperto. Per quanto ne so, al momento non mancano alimenti, forse alcuni prodotti specifici.
Cosa vi aspettate?
Marcelline: Alla luce della strategia Farm to Fork (ad oggi posticipata), i produttori devono adattarsi alla nuova condizione. Ma se le aziende più piccole si sentono al sicuro per i prossimi mesi, quelle più grandi temono la carenza di manodopera (straniera), ad esempio quella che viene assunta di norma per piantare asparagi o fragole. Sono stati fatti dei tentativi volti a legalizzare gli immigrati clandestini (in Spagna e in Italia), ma senza successo. Il COVID-19 non influisce negativamente sul nostro tipo di sistema alimentare, colpisce le persone e l’economia. Nulla sarà più lo stesso alla fine del blocco, ma il sistema alimentare non può cambiare in un giorno. Il rinvio della strategia “Farm to Fork” mette in luce un ritardo sul piano strategico, mentre è fondamentale, ora più che mai, pianificare e attuare la transizione affinché diventi effettivo il prima possibile.
Igor: In Slovenia abbiamo il problema di non essere autosufficienti in alcune aree della produzione alimentare, ad esempio per alimenti e verdure siamo autosufficienti solo al 50%, il che significa che siamo dipendenti dalle importazioni. Questa potrebbe essere una sfida per il futuro prossimo, data la chiusura forzata dei confini. Perciò, in queste condizioni, i produttori di alimenti locali vengono supportati: il Comune ha pubblicato un elenco delle aziende agricole locali cosicché le persone possono mettersi in contatto con loro per acquistare il cibo direttamente, o utilizzando l’app Inno-Rural sviluppata nell’ambito del progetto Urban Soil 4 Food. Sta dunque venendo fuori qualcosa di buono, perché questa iniziativa consente di ridurre il danno economico per gli agricoltori. Al momento non si stanno affrontando problemi relativi al lavoro poiché in Slovenia siamo meno dipendenti, rispetto all’Italia ad esempio, dalla manodopera straniera. Molte persone fanno affidamento sugli orti comunitari, un’opzione non solo salutare, ma soprattutto che consente a coloro che sono meno abbienti di accedere a un cibo economico, oltre che salutare.
È difficile immaginare oggi come il COVID-19 avrà un impatto sui nostri sistemi di produzione e distribuzione alimentare sul lungo termine. Ma a partire da queste informazioni possiamo stilare alcuni punti:
- Dobbiamo garantirci la sovranità alimentare, e dunque essere in grado di produrre il nostro cibo, per quanto possibile;
- È essenziale garantire condizioni di lavoro eque ai lavoratori delle aziende agricole, a coloro che piantano e raccolgono il nostro cibo;
- Abbiamo l’opportunità di stabilire e innovare la nostra politica alimentare pubblica, di creare una rete fra produttori e consumatori attraverso un’infrastruttura di proprietà pubblica di aziende agricole, società di distribuzione, mercati, etc.;
- Dobbiamo garantire l’accesso a cibi sani anche ai cittadini meno abbienti, il che si può realizzare attraverso dei buoni pasto, ma anche creando orti pubblici di comunità;
- L’aumento della consegna di generi alimentari offre l’opportunità a ristoranti, addetti alle consegne e consumatori di unire le richieste, garantire condizioni di lavoro eque e socializzare la quota di profitto delle aziende alimentari di consegna, come Deliveroo o Just Eat.
Marcelline Bonneau ringrazia quanti hanno condiviso con lei le loro opinioni nella preparazione di questo incontro: Alicia Pereira Pimentel – Molleke – e Quentin Verstappen – Almata – in Belgio, Cécile Grigoryev – agricoltore – e Thibaud Lalanne – BioCanteens – in Francia, Albert Garcia Macian – Mollet de Vallès – in Spagna.
>> Segui il nostro prossimo episodio nella diretta Facebook di questo venerdì 3.04.2020 alle 17.00 CET su @cooperativecity.org sul tema: come il mondo della cultura sta reagendo all’emergenza COVID-19.
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Cooperative City in Quarantine è un appuntamento con la solidarietà in Europa. Nasce dal bisogno di condividere storie di speranza e ispirazione, di affrontare insieme le sfide attuali mettendo in campo soluzioni pianificate, così da avere un mondo più giusto alla fine del periodo di emergenza. Nonostante le proiezioni di una progressiva riapertura, il blocco delle attività è ancora in corso, e settori come il turismo non saranno in grado di tornare a lavoro per diversi mesi ancora. La disoccupazione alle stelle, frutto della crisi, implicherà probabilmente una ripresa molto lenta e dolorosa. Parliamo oggi quindi di turismo, dell’impatto della crisi su questo settore e delle eventuali opportunità per un ripensamento di questo nel suo insieme, a partire da un’idea di sviluppo locale e sostenibile.