Viviamo tempi difficili, abbiamo temuto per la nostra salute e quella dei nostri cari, e ci siamo trovati costretti all’isolamento nelle nostre case. Malgrado tutta la complessità che ci siamo trovati a vivere, in tanti hanno chiamato a raccolta le loro energie, avviato iniziative in supporto alle comunità di appartenenza e fatto della crisi un’opportunità. Sono cambiati il modo di lavorare, le relazioni e la comunicazione sociale. Noi abbiamo fin da subito riorganizzato le idee e rinnovato il progetto editoriale Cooperative City Magazine: nasce Cooperative City in Quarantine #, un appuntamento con la solidarietà internazionale.
Negli incontri settimanali (live FB su @cooperativecity.org) discutiamo temi ed esperienze di solidarietà sociale in Europa e nel mondo al tempo del Covid-19 – dal sistema di produzione alimentare alla cultura, dal lavoro ai beni comuni, all’educazione e molto altro. Cooperative City in Quarantine # nasce dal bisogno di condividere storie di speranza e ispirazione, per affrontare insieme le sfide attuali mettendo in campo soluzioni pianificate per un mondo futuro più giusto .
Nonostante le proiezioni di una progressiva riapertura, il blocco di molte attività è ancora in corso, e molti settori non saranno in grado di riprendersi per ancora diverso tempo. La disoccupazione potrebbe salire alle stelle e non sappiamo ancora in che forme avverrà il processo di assestamento, né quanto sarà lento o doloroso. Abbiamo messo a disposizione le nostre web-conferences per favorire uno scambio fra interlocutori internazionali con l’obiettivo di promuovere un dibattito sulle buone pratiche di solidarietà e cooperazione sociale replicabili. Abbiamo raccolto una sfida, fra accettazione e fiducia nella capacità di riscatto sociale.
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Nel primo episodio di venerdì scorso, 20 marzo 2020, di Cooperative City in Quarantine abbiamo invitato esperti di sviluppo di comunità provenienti da diverse città d’Europa per informare su ciò che sta accadendo in vari paesi e città: quali sono le principali sfide che ci troviamo ad affrontare e quali soluzioni le comunità stanno sperimentando.
Partecipa e guarda il podcast di Cooperative City in Quarantine, in diretta ogni venerdì alle 17.00 CET su @cooperativecity
Levente Polyak è uno dei fondatori di Eutropian e progettista a Budapest. Ha raccontato di come il COVID-19 sia arrivato ufficialmente in città il 4 marzo e la prima morte correlata sia stata annunciata il 15 marzo. L’11 marzo è stato dichiarato lo stato di emergenza nazionale che, tuttavia, non include il coprifuoco. Il 20 marzo il governo ungherese ha proposto al Parlamento l’estensione dello stato di emergenza a un periodo indefinito: se votata dal Parlamento, questa misura garantirebbe un potere senza precedenti al governo. E’ nel frattempo aumentata la pressione sociale volta a scoraggiare le persone dal radunarsi negli spazi pubblici, ma stanno anche emergendo una serie di iniziative di solidarietà. Oltre ad esperienze di auto-organizzazione della comunità around housing blocks e nei quartieri, molte sedi culturali hanno iniziato a trasmettere in diretta streaming i loro eventi e i loro contenuti digitali, incoraggiando il loro pubblico a non chiedere il rimborso per gli eventi cancellati. Più sorprendentemente rispetto alle iniziative di ambito culturale – già noto per la sua sensibilità sociale e il suo senso di solidarietà -, Budapest ha assistito inoltre al cambio di profilo nel giro di pochi giorni di una serie di attività. Le compagnie di taxi, che avevano perso in modo fulmineo la loro clientela, si sono rese disponibili al trasporto di operatori sanitari negli ospedali. I proprietari di appartamenti Airbnb e gli hotel, in mancanza di prenotazioni, hanno iniziato a mettere a disposizione per la quarantena le loro proprietà, o alloggi temporanei per gli operatori sanitari. I ristoranti e le varie aziende di organizzazione eventi sono passati immediatamente alla consegna a domicilio e i servizi di distribuzione a filiera corta già esistenti hanno iniziato a prosperare. In un certo senso, COVID-19 ha spinto molte attività a reinventarsi nel regno del digitale, o ad organizzarsi attorno a reti locali su scala di quartiere. Se la spinta in direzione della digitalizzazione si manifesta in modo più spettacolare nel campo dell’istruzione – con milioni di studenti che per la prima volta hanno svolto le loro lezioni online -, accelera anche il processo di digitalizzazione di molte aziende e organizzazioni senza scopo di lucro, compresi luoghi culturali e spazi di comunità. Nel contempo le reti di solidarietà di quartiere si sono rivelate fondamentali per mantenere i servizi chiave, e nel prendersi cura dei membri più vulnerabili delle comunità. Con tutto il portato di distruzione in Europa e nel mondo, COVID-19 costringe a ripensare i nostri modelli economici, di consumo, di mobilità, turismo, di welfare e istruzione, per indicare alcuni settori fra molti.
Tiago Mota Saraiva è un architetto di Lisbona che si occupa di progetti di sviluppo urbano sociale. La nostra conversazione avveniva 18 giorni dopo che erano stati rilevati i primi due casi di infezione in Portogallo, e 4 giorni dopo la registrazione dei primi morti. La maggior parte delle persone avevano iniziato a rimanere a casa dalla settimana precedente, ma il 18 marzo il Presidente della Repubblica aveva annunciato per la prima volta in 40 anni lo stato di emergenza. I nuovi casi di infezioni da COVID-19 stavano aumentando esponenzialmente, ma il tasso di mortalità era (ancora) inferiore all’1%. Ha raccontato di diverse iniziative di cooperazione attualmente in corso. Fra queste, il miglioramento del “Manifesto Solidário CoVID19 “ e il potenziamento del Ninguém fica para trás , una banca-dati nazionale di persone che offrono assistenza a coloro che hanno bisogno di aiuto. Inoltre, soprattutto a Lisbona e Oporto, è nato un movimento spontaneo di persone che alle 22.00 applaude per ringraziare il Servizio sanitario nazionale portoghese e gli operatori sanitari che lottano in prima linea. Anche le organizzazioni pubbliche distrettuali – Juntas de Freguesias – stanno svolgendo un ruolo importante, organizzando un sistema di consegna dei beni di prima necessità a domicilio per le persone anziane. Esiste, tuttavia, un malcontento crescente per l’assenza o la lentezza dell’intervento dell’Unione Europea in questa emergenza.
Bahanur Nasya è membro di Eutropian e architetto. Ha raccontato di come, dopo l’Italia, anche il governo austriaco e i comuni hanno iniziato a predisporre i cittadini per un blocco e, giorno dopo giorno, le misure sono state inasprite. Al quinto giorno, la quarantena domestica è ancora su base volontaria, ma il buon senso ha spinto le persone in tutto il paese a restare a casa e lavorare da lì. Al momento si può essere multati se si esce in compagnia di altre persone (ad esempio nei campi da gioco, nelle aree sportive, etc.). Inoltre in alcune contee come il Tirolo e l’Austria Superiore, l’epidemia è in uno stato molto più avanzato, e le autorità non hanno reagito in modo sufficientemente tempestivo. Anche se quelle contee sono bloccate ed isolate ormai, si è creata una certa diffidenza fra la gente del posto e gli ospiti internazionali. A parte questi aspetti, nel suo complesso la maggior parte dei funzionari sembra agire secondo un piano e la risposta del pubblico è cooperativa. La chiusura di negozi e ristoranti in tutto il paese sembra funzionare bene, sebbene le forme di supporto e i suoi vantaggi non si adattino a tutte le dimensioni di azienda. L’infrastruttura di base sembra essere al sicuro. Ad esempio a Vienna il personale della compagnia elettrica si è messo volontariamente in quarantena, per tutelare la condizione di salute e garantire l’erogazione della fornitura elettrica. E’ stato promesso, inoltre, che tutte le imprese e le persone che soffrono condizioni di disagio economico riceveranno un sostegno dal governo. Tali misure sembrano liberare i cittadini dalla necessità di intraprendere un’iniziativa propria, fornendo un supporto personalizzato. Molte piccole imprese, privati e ONG stanno cercando di far fronte alla crisi mettendo a disposizione nuovi servizi (online): qualcuno offre formazione a distanza; alcune ostetriche sostengono la gestante durante la fase finale del parto; alcuni giovani fanno acquisti per gli anziani; altri traducono le notizie; altri prestano la bicicletta, cibo o vestiti, etc. Sono atti, questi, che creano comunità e rafforzano il legame sociale.
“Credo sia importante affrontare il futuro con speranza e raccogliere la lezione offerta dalla condizione attuale. Stiamo tutti sperimentando come potrebbe avvenire il processo di adattamento in futuro: come potenzialmente possiamo limitare i nostri consumi, l’orario di lavoro, l’uso delle risorse, etc. Da questo punto di vista la situazione di oggi è formativa rispetto alle sfide che ci attendono in futuro. Una riduzione di circa un mese delle nostre attività sembra avere un impatto sulla natura (riduzione dell’inquinamento), qualcosa – ci hanno detto per decenni – di impossibile. Ora dovremmo essere avvertiti, e non ripetere gli errori del passato: a) tornando esattamente allo stesso comportamento e modello sociale antecedente la pandemia; b) salvando grandi organizzazioni come banche e compagnie assicurative, al posto delle persone. Dobbiamo assumerci il compito di trovare soluzioni alternative per la questione (a) e creare comunità che abbiano nel loro interesse esercitare una pressione per la questione (b). Vista da questo lato, la situazione di blocco potrebbe rovesciarsi in un’opportunità”.
Mauro Gil Fournier è un architetto e si occupa di innovazione sociale. Ha condiviso le sue preoccupazioni sulla situazione a Madrid, ma ha anche sottolineato come vi siano sforzi crescenti da parte della popolazione per unire le forze. L’esperienza più rilevante in questo senso è la piattaforma Frena la Curva , che opera attualmente in Spagna e in molti altri paesi dell’America Latina. La piattaforma raccoglie informazioni relative agli strumenti utili a controbilanciare la situazione attuale, e attiva una serie di Distributed Citizen Laboratories che promuovono attività di sperimentazione, collaborazione e innovazione fra i cittadini nelle attuali condizioni di emergenza del Coronavirus. I laboratori hanno l’ambizione di individuare, grazie alla condivisione della conoscenza collettiva, quelle idee innovative che provengono delle tante persone che si mettono a disposizione per aiutare. Sulla base di questa collaborazione iniziale si sono formati gruppi di lavoro interdisciplinari, e già per le date 19-23 marzo è stato chiamato il primo seminario per lo sviluppo di idee. Fino ad oggi ci sono stati 5 giorni di seminari intensivi, con 13 progetti, 200 partecipanti. Ora è necessario pensare a coloro che vivono in condizioni più svantaggiate e che soffrono nell’emergenza attuale: i senzatetto, che non hanno un posto in cui vivere in quarantena; chi sta perdendo il lavoro; le donne che soffrono per la violenza domestica.
“In questi tempi è molto importante attivare la capacità di ascolto reciproco, base essenziale per creare empatia in condizioni così dure”.
Daniela Patti è fra i fondatori di Eutropian e progettista a Roma. L’Italia ha fatto da apripista (the front runner?) in questa situazione di emergenza, con oltre 35.000 persone infette, quasi 2 settimane di quarantena e la chiusura quasi assoluta di ogni attività commerciale e produttiva. La situazione è molto dura per le singole persone, ma a livello collettivo si cercano tante soluzioni. In merito all’accesso al cibo, la Rete dell’Economia Sociale e Solidale ha organizzato degli acquisti su base condominiale da produttori alimentari locali; è stato attivato un Telefono Rosso a supporto dei lavoratori sfruttati; ci sono librerie che organizzano letture per bambini; operatori del settore culturale che trasmettono in streaming concerti e spettacoli teatrali; il governo ha istituito la Piattaforma di Solidarietà Digitale in cui diverse aziende hanno messo a disposizione servizi digitali gratuiti per la popolazione; grandi fondazioni hanno iniziato una raccolta fondi per istituire fondi di solidarietà a favore del settore sociale; i produttori hanno sviluppato un sistema per hackerare le sub-maschere Dekathlon per promuovere componenti sostitutivi delle macchine per la respirazione negli ospedali… Molte iniziative sono in corso. Ma la maggior parte di queste necessitano dell’accesso digitale, qualcosa che non tutti possono permettersi, come è evidente per le attività scolastiche di e-learning portate avanti nei quartieri che dovrebbero essere prioritariamente attenzionati, in cui i bambini non hanno Internet né computer. E in quei luoghi in cui la rete non c’è proprio, come nelle zone rurali e montane del paese.
Nei prossimi episodi Cooperative City in Quarantine avremo ancora ospiti da diversi paesi europei, per condividere esperienze di solidarietà sociale su una serie di temi: cibo, istruzione, cultura, salute, lavoro … e molto altro.