Città e Lavoro

PER UN TERRITORIO CHE LAVORA

Attrarre risorse per attivare il territorio

Le politiche di sviluppo territoriale dal 1800 in poi in Europa sono state fortemente connotate da una visione di sviluppo espansivo del modello industriale, che ha strutturato la pianificazione delle città e dei territori circostanti. Tutte le infrastrutture sono state a servizio di una visione della città funzionale alla produzione: impianti industriali serviti da ferrovie, complessi residenziali per operai, servizi agli individui e alle famiglie tarate sulle esigenze dei lavoratori. Con la crisi del modello produttivo degli anni ’70 molte città si sono reinventate come poli di servizi mentre gli impianti industriali sono stati sempre più spostati in altri territori, spesso fuori dall’Italia. Oggi, il quadro geo-politico globale vede un’Europa in competizione con Stati Uniti, Cina, India, e che tenta di accaparrarsi terre e risorse in Africa come in Sud America e Asia.

L’attrazione di capitale tramite la vendita di prodotti o l’erogazione di servizi è la base del nostro modello economico. Si tratta di un meccanismo strumentale alla disponibilità delle risorse economiche necessarie a creare posti di lavoro, che garantiranno stipendi che potranno a loro volta essere reinvestiti in affitti, cibo, vestiti, intrattenimento, educazione, sport e tutte le possibili forme di economia locale. Con la finanziarizzazione dell’economia, il flusso di capitali circola non più sulla base della produzione ma sulla base di operazioni di finanza promosse da una serie di operatori bancari e affini. Così l’economia ha radicalmente modificato il proprio rapporto con il tessuto produttivo ed in parte anche con il territorio, che non è più strumentale alla creazione del profitto. Inoltre il modello di finanziarizzazione, accompagnato dal modello di digitalizzazione e della progressiva deregulation legislativa in materia di lavoro, ha anche comportato la radicale trasformazione dell’impiego, sempre più precario. A seguito della crisi economica del 2007, che ha determinato una contrazione delle esportazioni, della produzione e dei consumi, molti territori stanno ancora soffrendo una situazione di stallo economico. Alcuni degli effetti più visibili sono stati l’incremento della disoccupazione, della povertà, delle diseguaglianze sociali.

Raccolta rifiuti differenziata da parte di persone marginalizzate a Sofia (BG). Foto (cc) Eutropian

Il paradosso nel quale ci troviamo oggi è che l’economia crea ricchezza eppure i nostri territori sono abitati da persone povere. E’ tempo di ripensare il rapporto fra la produzione di capitale e ridistribuzione di ricchezza sul territorio.  

Il caso di Roma

Mentre molti territori in Italia, sia a nord ma anche a sud, hanno avuto un ciclo completo di industrializzazione, deindustrializzazione e trasformazione in servizi, la città di Roma ha seguito un percorso diverso: non ha mai avuto l’industria. Non si è mai investito nella produzione, ne’ durante il Papato ne’ a seguito dell’Unità d’Italia, come spesso accade nelle città capitali in modo da non avere una classe operaia che possa destabilizzare il centro decisionale del Paese. Pertanto il piccolo tessuto industriale romano è un effetto spontaneo non alimentato da politiche ad hoc e per sopperire a questa mancanza, Roma ha sempre vissuto del trasferimento di risorse nazionali. Per di più, la cospicua presenza di impiegati pubblici, tra istituzioni ed enti nazionali, regionali, provinciali, cittadine, ha comportato il fatto che il pubblico fosse uno dei più grandi datori di lavoro della città. Ma con il taglio dei trasferimenti di risorse e il blocco dei concorsi pubblici, il modello economico della città ne ha fortemente risentito.

Di contro, il tessuto industriale della città è storicamente troppo debole per poter sopperire a questa mancanza di risorse. Infatti, la produzione di Roma incide solo per il 2% sul PIL nazionale. Le aziende di Roma si occupano al 65,6% di servizi, al 19% di industria, al 2,7% di agricoltura/silvicoltura/pesca, al 12,8% di altro. La maggior parte delle aziende si occupa di commercio (126.997), costruzioni (65.708), alloggio e ristorazione (36.575). Gli occupati per macrosettore sono: 67,9% in servizi; 20% in commercio, alloggio e ristorazione (sotto media nazionale del 20,4%); il 5% in costruzioni (in costante contrazione); il 6,4% in industria in senso stretto; il 0,8 in agricoltura/silvicoltura/pesca. Possiamo quindi dire che le risorse economiche provenienti dal tessuto produttivo sono estremamente marginali nell’economia complessiva della città.

#mapparoma3 – Occupazione a Roma: nella periferia est e sul Litorale il maggior disagio

All’interno di questo contesto, carente di reali politiche imprenditoriali, la presenza dell’economia sommersa non può essere ignorata. Roma, collegata benissimo sia a livello nazionale che internazionale, è una delle principali sedi decisionali tra le Mafie ed i cartelli della droga sud Americani. Per avere alcuni dati approssimativi: a Roma 70 piazze di spaccio che producono circa 1 milione di euro al mese; la procura di Roma (che prende in gestione aziende sotto inchiesta per Mafia) un paio d’anni fa era il più grande datore di lavoro della città; nel 2016 Banca d’Italia ha segnalato transazioni tra paradisi fiscali ed il Lazio per circa 7-8 miliardi di euro. L’economia sommersa viene reinserita nell’economia “regolare” tramite l’industria delle costruzioni, della ristorazione, del piccolo commercio. Possiamo quindi dire che le risorse economiche provenienti dalle Mafie alimentano l’economia locale romana in maniera difficilmente quantificabile ma sicuramente significativa.

La domanda che sorge quindi spontanea è: quale modello economico legale potrebbe garantire uno sviluppo territoriale che crei lavoro, inclusione sociale e sostenibilità ambientale?

Il potenziale dell’economia sociale  

Per economia sociale si intende l’insieme di tutte le organizzazioni che operano non a scopo di lucro, cioè che producono ricchezza ma senza distribuire il profitto tra i soci bensì reinvestondolo nella produzione di beni o servizi che soddisfino l’interesse collettivo sociale. L’Unione Europea ha stimato che circa 11 milioni di persone, il 6% degli impiegati, operano all’interno dell’economia sociale.

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Le esperienze di economia sociale sono fortemente legate all’agricoltura, all’educazione, ai servizi, alla ristorazione. Questi sono settori che consentono di dare lavoro a molte persone anche con livelli di specializzazione non alti e con impatti territoriali rilevanti. Allo stesso tempo però queste realtà non riescono nella maggior parte dei casi a fare un salto di scala che garantisca loro una sostenibilità economica sul lungo termine, ne’ di operare in settori dove possono essere intercettate facilmente risorse. Ad esempio non sono molte le esperienze di economia sociale legate al settore bancario e finanziario, al settore della comunicazione, al settore di gestione dei dati, al settore immobiliare, al turismo…

Partendo da queste riflessioni, un gruppo eterogeneo di professionisti si interroga sui possibili modelli  di sviluppo territoriale che possano creare lavoro in maniera socialmente inclusiva a Roma. A partire dall’autunno 2018 i temi da indagare potrebbero essere:

  • Agricoltura e food
  • Innovazione e Industria 4.0
  • Turismo e accoglienza
  • Servizi educativi e sanitari

Il percorso di indagine non potrà essere esaustivo ma si prefigge di raccogliere dati qualitativi sulle tendenze, le condizioni e le prospettive future. Lo farà tramite incontri con specialisti, visite a casi studio, visione di film documentari e qualsiasi altro formato ritenuto utile per la creazione di una visione collettiva e comprensiva del futuro della nostra città. 

Il percorso porterà alla raccolta di materiali in vario formato che saranno regolarmente condivisi su varie piattaforme comunicative, come cooperativecity.org e altre che verranno coinvolte, in modo da estendere il percorso a quante più persone interessate.

 

Fonti: 

Un anno di economia a Roma. 2016

Report sui Distretti industriali, ISTAT

Il commercio con l’estero della provincia di Roma – I semestre 2017

Un anno di economia a Roma. 2016

Il Turismo a Roma

La Città metropolitana di Roma Capitale in cifre Ver 2.pdf

Lo scenario economico provinciale – 2011-2016: passi avanti verso la ripresa economica?

Censimento Agricoltura nel Lazio 2010

Liberti, S., 2013,  Landgrabbing, MinimumFax

Liberti, S., 2016, I Signori del Cibo, MinimumFax

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